Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone alfresco profumo della libertà.
E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e a barattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.
Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti.
Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.
Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.
Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi.
Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suo rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.
micromega
Quando il dott. Scarpinato ando' da Santoro per discutere di mafia e fargli fare audience, qualche mese fa, disse le stesse cose in maniera meno marcata e porto' anche evidenze, prendendo ad esempio il caso Contrada .
Parlo' del poliziotto corrotto, ed essendoci delle sentenze, ne aveva pieno diritto .
Ora pero' con questa letterina, e' andato un po' sopra le righe .
Bene ha fatto il csm ad intervenire .
Ha parlato da normale cittadino, cosa che egli non e' .
Un magistrato, in quanto rappresentante delle istituzioni, non puo' fare certe affermazioni, nascondendole anche dietro l'anonimato, perche' in questo caso nomi non ne ha fatti, li ha semplicemente lasciati intuire .
Un magistrato, se ha dubbi, indaga .
“Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”
Anche lui e' caduto nel tranello della frasetta attribuita al giudice Borsellino, che come ampiamente dimostrato da enrico tagliaferro e Filippo Facci, personaggi invisi all'antimafia certificata, ma che parlano seguendo una logica e riportando fatti, non e' affatto chiara, se e come, sia stata pronunciata .
Questo accade quando il magistrato si fa anche scrittore .
Puo' finire col confondere la realta' con la fantasia .
Allora basta decidersi : scrittore, magistrato o politicante .
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