martedì 17 aprile 2012

Uccidere per non morire era la nostra legge

Quando ero bambina, mi piaceva molto guardare la televisione, soprattutto gli speciali di cronaca di Minoli, Biagi e Costanzo .
C’era questo signore, con gli occhiali ed un’aria un po’ stralunata, che parlava da dietro le sbarre di un’aula di tribunale, muovendo spesso gli occhi di qua e di la’, a voce bassa, e spaziando da un argomento all’altro . Parlava di sua sorella, della sua gente, dei servizi segreti, delle sue attivita’ filantropiche in carcere .
Parlava di tutto e di niente, spesso lasciava il discorso a meta’, lasciando intuire, con un’aria grave, di sapere cose cosi’ importanti e pericolose, da doversi interrompere .
Mi sembrava una brava persona e nella mia ingenuita’ infantile, non riuscivo a capire perche’ fosse in prigione, specie quando ascoltavo i napoletani a cui aveva fatto del bene, che lo descrivevano come un padre o un fratello .

Parecchi anni dopo a Bologna, mentre seguivo per puro interesse, il processo alla quinta mafia, vidi un altro signore, di origine Sarda, sempre dietro le sbarre, e che poi seppi essere quasi come un fratello per il signore con gli occhiali, che stava li’ seduto, silenzioso, con lo sguardo torvo, che alzava solo quando gli veniva d’urlare contro il pubblico ministero, per l’ingiustizia subita, di essere stato sbattuto dentro con il 41 bis .

Ecco, per me la camorra fino a poco tempo fa, e’ sempre sta la’, nella voce sussurrata di Raffaele Cutolo e negli occhi metallici di Marco Medda .

Luigi Giuliano, oggi con i suoi racconti, mi e’ sembrato un po’ una sintesi di quei momenti, pero’ ha saputo dargli vita, un senso .
Ci ha fatto capire quale fosse il clima e quanto fosse sbagliato, e ancora oggi lo e’, vivere cosi’ .

Per il resto la sua deposizione, oltre a confermare che Mario Potenza era un contrabbandiere, non mi pare abbia aggiunto molto .
Era come se parlasse a forza, per ripetere le stesse cose dette in altri duecento processi e piu’ , annoiato da quei ricordi di morte che si porta appresso, e perso nell’oblio della sua conversione, calato nel suo nuovo ruolo di motivatore delle nuove e vecchie generazioni .
Sembrava un impiegato della camorra in pensione .

E pero’, nel suo ruolo di pentito, ci ha permesso di fare un confronto con il collaboratore Lo Russo, di testarne la credibilita’ .
Il Lo Russo, nonostante abbia risposto con precisione alle domande del pubblico ministero, seguendo un ritmo da copione, con tutti i suoi vuoti di memoria sulle date e sui nomi, suonava spudoratamente falso, calcolatore, bugiardo .
Luigi Giuliano, nei suoi pochi momenti di defaillance, ha mostrato come deve essere un vero collaborante, uno che ha vissuto la vita a cento all’ora e ha deciso di cambiare vettura .
Nonostante qualche buco e’ stato credibile, quasi vero .
A sua insaputa ha anche pronunciato una frase che molto ricorda il credo Islamico, secondo il quale il destino di una persona puo’ compiersi fino all’ultimo istante di vita :
nella vita si puo’ sempre cambiare anche un’ora prima di morire, ha detto .
Mi auguro sia stato sincero e che la gente, non solo di Napoli, possa trarne insegnamento .


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