giovedì 1 ottobre 2020

Searching for a destiny that's mine

Brignoli said a factor in joining Daesh in Syria was that the family did not feel comfortable in their hometown of Bulciago, north of Milan, because “we were teased for being Muslims.” She added: “We believed we finally could truly live Islam (under Daesh). But it was an illusion. We’d expected to find an idyllic place for Muslims, with houses and schools, but we only found war.”

Davide Piccardo 22 h facebook 
Triste che molti musulmani usino inshallah per non assumersi responsabilità.
(commento all'intervento di Joe Biden)

Una mia amica che lavorava in Omantel rimase molto male quando, dopo aver risposto inshallah ad un collega americano che le stava illustrando un piano di lavoro, questi reagì in malo modo urlando :
Not inshallah! We'll have to start this as soon as possible.
Essendo una donna che vive in maniera molto intensa la dimensione religiosa, le sfuggì quello che era un rimprovero che gli occidentali che lavorano in medio-oriente muovono spesso ai locali.
I musulmani usano a volte, o forse anche troppo spesso, l'espressione Inshallah non per manifestare il proprio orientamento a essere parte della volontà di Allah. Piuttosto per delegare o per esprimere scetticismo e pessimismo.

Qualche settimana dopo l'inizio del percorso di rieducazione, Mohammed Alfredo iniziò a pubblicare su Facebook immagini e frasi di apprezzamento nei confronti della famiglia reale saudita. Un suo contatto reagì con un commento che diceva più o meno così :
ma veramente pensi di fare fessi quelli della Digos ?
In realtà certe scelte non sono solo conseguenza del clima di intolleranza che in Italia vige nei confronti delle minoranze e dei musulmani in particolare.
Con Daesh si abbraccia una ideologia di cui la dimensione religiosa è parte.
Altrimenti sarebbe stato più facile procurarsi lavoro e visto per un Paese dove si è liberi di vestirsi secondo i principi islamici ed è prevista una pausa per la preghiera.
Diversi protagonisti di quelli che Claudio Galzerano definì cenacoli nel 2012, sono ricomparsi nelle indagini dell'epoca in cui Daesh era in piena fioritura.
Difficile pensare che fossero alla ricerca di un'isola felice che forse non esiste nemmeno in Arabia Saudita.
E d'altra parte il profilo che emergeva della signora Brignoli dalle intercettazioni di parenti e amici, o dai resoconti di Governale e Giannini nel 2016, non risultava essere quello di una sprovveduta o di una sognatrice.

In questi anni ai musulmani italiani (nati e cresciuti da famiglia italiana) è stato detto di tutto.
In particolare che dovevano chiedere scusa o prendere le distanze.
E' stato spiegato che non si può chiedere scusa per qualcosa di cui non si è o non ci si sente parte. E che non si può prendere le distanze da ciò che non è vicino.
Da una violenza e da un odio che non appartengono all'Islam.
A mufti e imam è stato chiesto in occasione di incontri inter-religiosi (Common Word) di firmare dichiarazioni di condanna del terrorismo. Come se questo fosse parte del lavoro di guide spirituali che essi svolgono.

I musulmani cosiddetti moderati si sono presi la responsabilità di curare e convivere con le ferite che altri hanno contribuito ad aprire. Ferite che lasciano il segno.
E' arrivata ora per questi altri, di prendersi la responsabilità del danno procurato.
E di non mentire o cercare scuse.
Davanti ad Allah Onnipotente e Misericordioso. E di fronte alle autorità italiane.


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