sabato 23 marzo 2019

فتح دمشق La rivoluzione non si ferma

Nell’area nord-occidentale di Idlib si è evidenziata l’operatività di Hayat Tahrir al Sham (HTS) – già Fronte al Nusra, a suo tempo principale gruppo armato di opposizione al regime di Damasco – la cui leadership ha cercato di affermarsi non solo come milizia combattente, ma anche come movimento politico, interloquendo con formazioni e attori locali. Tale approccio, fortemente criticato nella galassia jihadista, ha generato divisioni in seno ad HTS fino provocare la fuoriuscita delle frange più radicali che, nel febbraio del 2018, hanno dato vita a una nuova formazione, Tanzim Hurras al Din (THD), attiva anch’essa a Idlib e ritenuta collegata ai vertici di al Qaida, confermatasi nel corso dell’anno polo di aggregazione per le formazioni irriducibilmente vocate al jihadismo combattente. .... nodi centrali della fase post-conflitto, per sciogliere i quali risulta cruciale la coesione che la comunità internazionale saprà trovare nel gestire il processo di riconciliazione e ricostruzione. Questo, in uno scenario dove le agende e gli interessi dei diversi attori – che nel teatro siriano giocano una partita che ha eco e riflessi ben oltre quei confini e che dalle dinamiche esterne è dunque fortemente influenzata – hanno impatto diretto anche sulle questioni strettamente di sicurezza.
Sicurezza Nazionale Relazione 2018

Findeisen, who studied ethnology and comparative religion before researching modern jihadism as a journalist, was eventually freed – not by German intelligence services, but another group of Islamists. After hearing shots outside her compound, the journalist found herself surrounded by a group of men in balaclavas who told her they would take her back to Germany. The group, Jabhat Fateh al-Sham, announced in an online statement that it had freed the German woman after a sharia court ruled her kidnapping un-Islamic in the light of the security guarantee given by her friend. Findeisen told newspaper Süddeutsche Zeitung she believed this to have been the case, and that she was not aware of the German state having paid any of the €5m (£4.3m) ransom her kidnappers had demanded. “I got a second chance,” Findeisen said. “Not everyone who got kidnapped [in Syria] was given one.”theguardian

La storia degli spari e della liberazione ad opera di un altro gruppo è poco credibile.
Non si esce vivi con un ostaggio tra le braccia dai territori controllati da JAN/JFS/HTS senza il permesso di Abu Mohammed Al Joulani. E' possibile che sia stata rapita da un gruppo satellite/alleato di Nusra e che quest'ultimo sia alla fine intervenuto per liberarla in cambio di una contropartita adeguata. Si tratta di una vicenda che ha probabilmente visto tra i protagonisti altre fazioni e agenzie d'intelligence straniere.
All'epoca del rapimento della signora Findeisen erano in corso le discussioni, in seno ai vertici di Nusra, circa il distacco da Al Qaeda che si materializzò alla fine con diversi strascichi proprio quando l'ostaggio fu liberato.
Sheikh Al Attoun, componente di spicco del consiglio shariatico di Nusra e braccio destro di Al Joulani, è quello che ha sempre fermamente difeso sui media la scelta di ricorrere ai rapimenti come forma legittima di autofinanziamento assieme ai proventi derivanti da passaggi chiave sul territorio controllato dal gruppo jihadista e dal petrolio. I prodotti agricoli (in particolare il frumento) erano invece frutto di scambi con le milizie assadiste.
Nusra aveva sviluppato un sistema tale da rendersi il più possibile autonoma da partner strategici come il Qatar che, a fronte del sostegno finanziario, pretendono di avere voce sulle scelte militari a breve e lungo termine dei gruppi che appoggiano.

Nel momento in cui iniziava a prendere forma in maniera decisa il passaggio da Nusra gruppo terroristico ad Hayat Tahrir parte integrante della rivoluzione (con Jabhat Fateh Sham nel mezzo) Al Attoun si è reso artefice della svolta che ha avuto come base un netto ammorbidimento della linea ideologica. Cosa non facile da fare accettare ai qaedisti poi confluiti in Hurras al Din e a quelli tuttora facenti parte di Hayat Tahrir.
Per altro verso, l'allora portavoce del gruppo Imad al Din Mujahid e Yousuf al Hajar a capo dell'ufficio politico, non ebbero difficoltà nel convincere Al Joulani della necessità di un cambio di direzione che prevedeva un maggiore coinvolgimento a livello politico. Questo era l'unico modo per realizzare un salto di qualità sia all'interno dell'arena jihadista che nei confronti degli interlocutori internazionali. Non era sufficiente presentarsi ai tavoli di Astana costretti ad accettare condizioni così come accadeva ai gruppi di ribelli che vi prendevano parte, o accontentarsi di armi e reclute migliori per sopravvivere, se si voleva veramente sperare di cambiare il destino assegnato alla Siria da De Mistura e dalle potenze estere coinvolte nelle vicende siriane. O meglio ancora, se l'obiettivo prefissato era diventare interlocutore ufficiale e decisivo al termine del conflitto.
In quest'ottica va inquadrato l'intervento nell'ambito del sequestro Findeisen.
Non più un semplice scambio per denaro, ma la dimostrazione della maturità raggiunta e delle infinite possibilità di interlocuzione che si possono cercare con Al Joulani e i suoi uomini.
Da allora tante altre mediazioni dello stesso tipo sono state portate avanti in stretta collaborazione con il governo di salvezza nazionale.
Hayat Tahrir costituisce ormai un modello di jihadismo in evoluzione.
Ovviamente con tutti, spesso troppi, i limiti del caso.
Tra questi, i cosiddetti hardliners intenzionati a combattere Al Joulani dall'interno per riprendersi il gruppo e farlo tornare sulle orme di Al Qaeda. E poi negoziare alleanze con Hurras al Din e al Zawahiri.

Sheikh Al Attoun, nel discorso trasmesso in occasione dell'anniversario della rivoluzione, ha parlato della fase attuale della guerra di liberazione per la Siria, nella quale jihad e rivoluzione non possono prescindere l'una dall'altra. E anzi devono proseguire unite.
Ha ricordato le conquiste di Hayat Tahrir e come queste sono state realizzate grazie al sostegno della popolazione e dei combattenti arrivati da tutto il mondo. In questo modo ha ribadito il concetto espresso nel Gennaio del 2017 da Sheikh Abu Jaber, primo comandante di Hayat Tahrir, che esaltò la rivoluzione partita dalle moschee.
La territorialità, sottolineata da Al Attoun, segna un ulteriore passo avanti e rappresenta in concreto la simbiosi tra jihad e rivoluzione.
Il suo discorso ha confermato la trasformazione di Nusra ma anche le difficoltà che Attoun e Al Joulani, assieme alla quasi totalità dei vertici di Hayat Tahrir, stanno incontrando per fare accettare a tutti i combattenti, l'intenzione di appoggiare appieno la Turchia e formalizzare un'alleanza che almeno ai tavoli di discussione sembrerebbe ormai sancita.
L'attacco a Damasco, in via di preparazione secondo Attoun, potrebbe sbloccare la situazione e anche smuovere Erdogan dalle incertezze che caratterizzano il rapporto con la controparte russa.

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