mercoledì 29 ottobre 2014

Zone mancine

L'America, per intenderci, non paga un dollaro bucato ai fanatici dell'Isis e lascia morire, fra indicibili orrori, gli ostaggi; ma poi il presidente Obama in persona autorizza il lancio di droni che fanno a pezzi i soldati del califfo e lo stesso Obama ha seguito in diretta dalla situation room l'eliminazione di Bin Laden. Da noi probabilmente l'avrebbero indagato. Così mandiamo i nostri alfieri negli avamposti più lontani, poi magari li condanniamo in Corte d'assise. Per salvare la faccia, la perdiamo definitivamente.
stefano zurlo


Obama ha anche sulla coscienza decine di migliaia di civili morti a causa dei suoi droni.
Ha ucciso bin laden però le sue politiche e quelle dei Bush hanno ridotto il mondo ad un campo di battaglia.
Quando la moglie si è presentata con il cartello "#bringbackourgirls" si è beccata le pernacchie dei musulmani cosiddetti moderati e anche di quelli di boko haram che dalla nigeria si godevano la scena del fallimento occidentale.
Noi "al massimo" potremmo ritenerci responsabili per le armi ai ribelli libici e per l'addestramento dei siriani.
O anche per tutti i morti e rapiti fatti con i soldi dei rapimenti.
Sono comunque paragoni che non reggono.
Culture e tradizioni storiche diverse e soprattutto ruoli diversi all'interno dello scacchiere internazionale.

E' difficile far coincidere la ragion di stato con uno stato di legalità.
Quello che si fa fatica a comprendere dal mare magnum della casistica italiana  è quanto sia stato effettivamente concordato tra i governi che si sono succeduti negli anni e gli organismi preposti alla nostra sicurezza, riguardo a certe operazioni o alla liceità con le quali esse sono state condotte.
E se i protagonisti principali di queste manovre ovvero gli operativi avessero qualche garanzia.
Una specie di assicurazione sulla sopravvivenza.

Che poi alla fine nonostante anni di tribolazioni e processi o permanenze in carcere, almeno i casi eccellenti si risolvono per la maggior parte con una sentenza positiva in cassazione o con uno spostamento del processo e successiva assoluzione.
La riflessione avviata da Zurlo al momento è destinata a naufragare perchè ci sono ancora tante ferite aperte e casi irrisolti o velati da mistero.
Quello che si può e che si deve fare invece, è ascoltare i protagonisti.

Sarebbe ora ad esempio che Marco Mancini uscisse dal suo stanzino in forte braschi e desse una bella intervista, possibilmente non strappalacrime e scontata come quelle del suo ex capo e non all'amico Fazzo, raccontandoci le sue verità.
Quelle che può dire ovviamente.
Starsene seduto a mandare messaggi attraverso i giornali amici e senza metterci la faccia non ha senso e non credo sia da lui.
Così alla fine non rimane che sorbirci i Travaglio, Barbacetto e Bonini e convincerci che il doppia emme è l'incarnazione di tutti i mali dell'Italia.

A Mancini le indagini della magistratura hanno contestato reati che si sono rivelati inesistenti (come nel caso Telecom, dove non è emersa alcuna traccia di dossier) o che la Corte Costituzionale ha ritenuto coperti dal segreto di Stato, come nel caso del rapimento di Abu Omar, realizzato dalla Cia. Solo di recente il governo Renzi avrebbe deciso di rimettere Mancini in una posizione operativa.
il giornale


Con l'età comincio a perdere colpi.
Questo l'ho trovato dopo che avevo scritto il post.
Però c'avevo azzeccato sullo scopo dell'articolo di Zurlo.

Ribadisco quanto appena detto.
Marco Mancini operativo o meno che sia, deve uscire dalla tana e dire la sua.
Siamo nell'era di internet e della globalizzazione.
Oggi non basta più telefonare a qualche redazione per anticipazioni o aggiustamenti.
Si può sfuggire ai governi e alle torture e dire o scrivere quello che si vuole, nonostante il finfisher.

Insomma Mancì fatte vedè, fatte sentì e modera quella S romagnola che c'hai.
Nse pò sentì.
Adesso stai a Roma mica a lugo.

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