Mentre il direttore Comey continua la sua battaglia contro la crittazione e adesso chiede che i dispositivi elettronici vengano inseriti nel Calea, una legge approvata ai tempi di Bill Clinton che obbliga i gestori a lasciare via libera alle intercettazioni dei mezzi di comunicazione quando necessario e dietro mandato, salta fuori una storia che risale al 2007 e getta ulteriore fango sul buon nome dell’agenzia.
A quei tempi l’Fbi stava investigando su una serie di minacce e allarmi bomba lanciati contro un liceo.
Individuarono un potenziale autore in una utenza di Myspace.
Avevano quindi bisogno di localizzare l’indirizzo ip e il computer.
Così ebbero l’idea di creare un lancio di agenzia Ap che riguardava le indagini e di piazzarlo su una pagina finta del Seattle Times per poi inviarlo tramite un annuncio nell’inbox del sospettato in modo da attrarre la sua attenzione e spingerlo a cliccarci sopra.
Un phishing bello e buono.
Il trucco funzionò.
Alla fine il ragazzino confessò anche le sue malefatte.
I giornalisti che hanno svolto una inchiesta in merito a questa operazione esca hanno anche trovato la relativa documentazione e hanno chiesto spiegazioni all’Fbi che ovviamente non ha potuto negare ma ha tenuto a sottolineare che il tutto si è svolto nei limiti imposti dalla legalità e che l’indirizzo di posta elettronica dal quale è partito l’annuncio era anch’esso finto.
Rimane il fatto che l’Associated press e il Seattle Times sono stati usati a loro insaputa.
L’uso della tecnologia nelle investigazioni offre da un lato il vantaggio di una maggiore incisività e
risparmio di tempo.
Dall’altro impone una seria riflessione sull’etica.
Quando si opera in campo virtuale è difficile selezionare in maniera rigorosa l’obiettivo.
Ce lo ha dimostrato la sentenza americana che annullò le risultanze di un'indagine maturate in seguito ad una perquisizione non autorizzata di uno smartphone.
Frugare nella memoria di un telefono non è la stessa cosa che frugare in una tasca o in un cassetto.
Si deve per forza mettere mano ad "oggetti" che non fanno parte della perquisizione e non sono inclusi nel mandato.
Allo stesso modo anche se un profilo social dovrebbe essere utilizzato esclusivamente dal suo titolare, specie per i ragazzini può accadere che non sia così.
Il sospettato avrebbe potuto trovare accesso a myspace da un computer pubblico o da quello di un amico.
Oppure avrebbe potuto lasciare all'amico l’accesso al suo profilo.
Quando Antonio Apruzzese afferma in relazione ad altre questioni che anonimato e tracciabilità non sono la stessa cosa, esprime esattamente anche questo concetto.
Non è detto che ad un indirizzo ip corrisponda la persona o il profilo del soggetto che crediamo essere dietro quello schermo.
E' legittimo che in generale in seguito ad una indagine si sottopongano a pedinamento anche persone che con essa nulla hanno a che fare.
Ma poi non le si segue dappertutto e comunque le conseguenze di un pedinamento su territorio sono sempre minori di quelle di un placcaggio virtuale.
Sempre il buon Apruzzese sovente ci ricorda che tutto quanto accade su internet è amplificato in maniera abnorme rispetto al suo reale significato.
Il danno che la non selettività di una indagine di polizia condotta attraverso internet può provocare ad un normale cittadino è infatti enorme.
A poche settimane dalla notizia dell'operazione della Dea avvenuta su Facebook ad insaputa degli inquilini di Palo Alto, questa vicenda che ha avuto luogo in tempi non sospetti getta un velo ulteriore sulla credibilità degli investigatori e non solo in America.
Quando Comey lanciò il suo anatema contro la Apple tutti osservarono che in fondo il gigante di Cuppertino aveva fatto quello che l'Fbi raccomanda sempre : garantire la massima difesa ai nostri computer.
Oggi verrebbe da chiedersi se tanta tecnologia non ha in fondo reso più pigra la polizia e forse l'ha anche imbarbarita un pò.
A correre appresso ad un delinquente con un malware siamo bravi tutti.
Corrergli appresso cercando di limitare i danni collaterali e senza rinunciare all'etica richiede riflessione e cervello.
Non è che quell'internet che rende anche un pò ladri e addormenta a volte le coscienze non ha risparmiato quelli che per mestiere o missione dovrebbero tutelare la legalità e rendersene interpreti ?
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