It is important that no one front-loads this process with predetermined outcomes and preconditions. We are committed to working with other parties in a consultative manner of genuine respect to agree on a new, inclusive political system in which the voice of every Afghan is reflected and where no Afghan feels excluded.
I am confident that, liberated from foreign domination and interference, we together will find a way to build an Islamic system in which all Afghans have equal rights, where the rights of women that are granted by Islam — from the right to education to the right to work — are protected, and where merit is the basis for equal opportunity.
Sirajjudin Haqqani to NYTimes
Ai tempi in cui Nusra era presa in considerazione come parte di un possibile governo di transizione in grado di essere alternativo ad Assad, Sheikh Al Joulani rilasciava interviste (non solo quelle messe a punto con grande anticipo e coordinazione per il pubblico di Al Jazeera) per rendere chiara la sua idea di Siria.
Non gli venivano evitate domande scomode, ma le questioni erano poste in modo che non ci fosse bisogno di scendere nei dettagli. Non raccontava bugie. Piuttosto mezze verità.
Si diceva pronto a governare un Paese che è già patria per tutte le religioni. Non spiegò come. Rimandò a un eventuale consiglio shariatico post-guerra, la decisione sul modello da implementare. Avrebbe spiegato agli alawiti quali sono gli errori che ne compromettono lo status di musulmani. Non spiegò, e nemmeno gli fu chiesto, quale sarebbe stato il loro destino se si fossero rifiutati di seguire il vero Islam.
Al Joulani non ha mai nascosto il proprio disprezzo per l’ipocrisia occidentale e i cattivi costumi che la generano. Nemmeno fa mistero della diffidenza con la quale guarda alla nostra cultura. Eppure leggenda narra (fuoco amico dai gruppi sostenuti dalla Turchia) che si vedrebbe artefice di una Siria libera dall’oppressione, nei panni di una specie di Che Guevara medio - orientale.
Hayat Tahrir rimane un gruppo che usa tecniche militari di stampo terroristico. Nel tempo i vertici sono riusciti a smaltire gli elementi che non digerivano il distacco ideologico da Al Qaeda. Hanno lavorato duramente per amalgamare i principi della jihad con lo spirito della rivoluzione. Jihad non più globale ma concentrata su obiettivi locali.
Al Joulani ha una personalità granitica e un intelletto fine che gli permette di comprendere le fasi attraverso le quali la storia (non solo quella della jihad) deve passare per maturare i cambiamenti. Cambiamenti ai quali Al Joulani non si è sottratto, adattandoli alle proprie necessità e ai contesti nei quali ha vissuto negli ultimi decenni.
L’uomo che siede, o manda i suoi emissari, ai tavoli di trattative, è lo stesso dell’era di Zarqawi. Ma ha compreso le nuove sfide e la necessità del cambiamento senza soccombere ai compromessi.
Non si cessa di essere terroristi da un giorno all’altro.
Non lo si fa nelle sale riunioni degli hotel a cinque stelle.
La lettera scritta da, o per, Sirajuddin Haqqani è una presa in giro.
Non si cancella il sangue dei morti con qualche frase a effetto.
Non ci si siede a un tavolo di trattative con chi mente sapendo di mentire.
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