giovedì 27 settembre 2018

La polizia di Berlino dà il benvenuto ad Hakan Fidan

Un funzionario di polizia non può tenere d'occhio un pò di turchi su suolo tedesco, per poi riferirne all'Ambasciata turca, che lo mettono sotto inchiesta.
Il tweet della polizia berlinese lascia intendere che la questione potrebbe farsi seria.
La notizia del poliziotto al soldo del MIT, e quella di una indagine conoscitiva da parte dell'agenzia per la sicurezza interna tedesca sul turkish islamic union for religious affairs (la stessa organizzazione che ha finanziato la moschea che verrà inaugurata da Erdogan nel corso della sua visita in Germania sabato prossimo), sono i sintomi del malumore che accoglierà la delegazione turca in questi giorni.
Da un lato c'è la necessità per entrambi i Paesi di almeno iniziare un processo di normalizzazione delle relazioni. Gli incontri recenti tra i rispettivi rappresentanti dei dicasteri di esteri, finanze ed energia, fanno presupporre che ci sono buone basi per farlo. Ma l'opposizione tedesca scalpita e la signora Merkel deve mettere i suoi paletti.
Lo stesso Erdogan non è andato con il piattino in mano.
Memore del rifiuto opposto ad Hakan Fidan lo scorso anno, che a muso duro presentò alla controparte una lista di gulenisti residenti sul territorio tedesco da mettere sotto stretta sorveglianza, il presidente turco ha ribadito, in un articolo scritto per un quotidiano locale, l'invito a riconoscere le responsabilità dell'organizzazione capeggiata da Gulen per il fallito golpe.
Erdogan ovviamente non ci sta a compromettere la propria linea interna per superare il momento di difficoltà. Rimane da vedere quanto il suo orientamento incontrerà i favori dei partner europei.
E se lui, forte per il momento dell'accordo di Idlib e di un mercato interno ancora appetibile, si accontenterà di vedersi sbattere di nuovo in faccia le porte d'ingresso dell'unione .

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