sabato 16 giugno 2018

A occhi chiusi in Siria

“SDF did not hand over Moroccan women to ISIS in exchange for anything, and this Moroccan organization’s statement is not true and we demand it to provide evidences or apologies to SDF . Mustafa Bali also pointed out that there are ISIS Moroccan women in the Syrian north and there are lists of their names and the International Red Cross regularly visits them. SDF Press

Un elemento interessante da rilevare a questo proposito è quello relativo al sesso. Come accennato, le donne sono infatti sovra-rappresentate tra i convertiti: su 14 nuovi musulmani presenti nel database ben 6 sono donne (ossia il 42,8%), un dato degno di nota se si considera che, come detto, su 125 foreign fighters legati all’Italia solo 12 sono di sesso femminile (pari al 9,6%). Vale la pena notare che nel database sono presenti 5 coppie “miste” composte da un uomo di origine musulmana e una donna convertita all’Islam da adulta, come nei casi delle coppie Maria Giulia Sergio e Aldo Kobuzi, Alice Brignoli e Mohamed Koraichi in Italia e M.G. e il marito marocchino (non presente nel nostro database perché non legato all’Italia) in Belgio. Nel complesso i convertiti mostrano un background criminale ben diverso da quello degli altri foreign fighters (infra): infatti, nessuno dei 14 nuovi musulmani aveva trascorsi criminali né esperienze di detenzione prima della partenza per l’area del conflitto; inoltre, nessuno presentava una storia di uso di stupefacenti.
Istituto Studi Politica Internazionale

Il convertito in generale rappresenta un valore aggiunto in virtù di quella che appare, agli occhi dei cosiddetti musulmani nati e cresciuti, una scelta libera e ben calibrata nell'ambito del destino concesso (Qadar) da Allah Onnipotente e Misericordioso.
In questo senso sono illuminanti le parole, riportate nel decreto di incriminazione, della cognata di Alice Brignoli che ne loda il coraggio e la religiosità.
In più la convertita, grazie anche al proprio bagaglio culturale occidentale, incarna il modello di donna che più s'avvicina alla musulmana. Ben diverso dallo stereotipo promosso da chi poco ha in simpatia l'Islam e i musulmani. Non sottomessa e succube. Molto consapevole del proprio ruolo e intraprendente.
Si tratta di una figura che ben si adatta allo jihadismo moderno.
Non solo destinata all'insegnamento della religione e al reperimento di fondi.
Ma con compiti operativi e di coordinamento.

Secondo Al Alam, che ha ripreso le indiscrezioni lanciate dall'agenzia turca Anadolu e negate dal ministero della difesa, Meriem e altri prigionieri nella zona di Al Hasakah, sarebbero il motivo della presenza italiana (una ventina di consulenti militari) assieme ad altre forze occidentali. L'obiettivo è proprio quello di impedire uno scambio massiccio di prigionieri (per lo più donne di nazionalità marocchina con figli al seguito) tra le SDF e Isis. Scambio che riporterebbe nelle zone sotto il controllo di Daesh un buon numero di appartenenti al gruppo. Operazioni del genere sono già state realizzate con l'approvazione e la supervisione di esponenti del Pentagono. Ma si è trattato di manovre necessarie e limitate. Un orientamento simile, allo stato attuale, risulta molto pericoloso perchè funzionale alla riorganizzazione di Daesh.
Gli americani, che hanno per il momento accantonato l'idea dell'esercito arabo accarezzata dall'Ambasciatore Bolton, starebbero tentando di incoraggiare un maggior grado di coinvolgimento nell'area da parte degli alleati occidentali.
Al di là della sovraesposizione mediatica che un suo ritorno provocherebbe in Italia o in Marocco, seppure in carcere, il nostro Paese non è ancora in grado di accogliere soggetti di questo tipo. A dispetto delle lacrime e delle buone intenzioni, su Meriem va effettuato un accurato screening della situazione psicologica attuale da mettere poi a confronto con il profilo adolescenziale che la caratterizzava prima della partenza. Ad ognuno deve essere riservato un piano di deradicalizzazione personalizzato. Impresa difficile da mettere in atto.
Per questa ragione bisognerebbe optare per soluzioni più drastiche, in grado di scongiurare un ritorno su suolo europeo, da adottare nei territori di guerra .

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