venerdì 28 luglio 2017

Al Julani e Al Qaeda a un anno dalla separazione

...The Shar'i texts of the Book and the Sunnah have supported each other to preserve the blood of the Muslims and to show its greatness, status and sanctity. The muslim blood is preserve by Allah's protection of it. It is not allowed for anyone to aggress against it except with a Shar'i right and it is one of the purposes of the great islamic Shari'ah. Therefore we appeal to our brothers the mujaheden in al Sham, amirs and fighters, to stop this fighting and arbitrate to the Shari'ah of Allah. stop at its limits and do not transgress them, stick tightly to them and do not oppose them. Reserve your jihad and fighting for repelling your enemy, because he's the beneficiary of your fighting and disagreement. He the Most High said : and obey Allah and His Messenger and do not dispute with one another lest you lose courage and your strength depart.
And be patient. Surely Allah is with those who are as-sabirin (Surah al Anfal) .
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Al Qaeda Central 20 July 2017

Quella di insediarsi in Siria per non rimanere fuori da un panorama che di lì a poco sarebbe diventato interessante per l'universo jihadista, era un’idea fuori dalla portata di al Baghdadi. Illogico, rozzo e sanguinario, l’iracheno si limitò a dare il suo assenso anche con un certo fastidio. Capì troppo tardi di essere stato scavalcato e il suo tentativo di riassorbire Nusra con il minimo spargimento di sangue andò a vuoto.
L’obiettivo a breve termine che Abu Mohammed al Julani si era posto, era di formare una base nella sua terra. Nel lungo termine questa doveva diventare fucina di jihad globale e movimento di resistenza al dittatore. Riuscì solo nel secondo intento e non fu un insuccesso, poiché capì subito che l’aspetto globale lo avrebbe distolto da quello locale. Iniziò a formare un piccolo esercito che aveva in al Qaeda la sua culla. Organizzò il territorio in tante piccole amministrazioni e ne sfruttò le ricchezze per finanziarsi. I soldi arrivavano anche dall’estero attraverso finanziatori per lo più privati e localmente con rapimenti e saccheggi. Al Joulani aveva messo in piedi un sistema che gli permetteva di sopravvivere autonomamente ricorrendo ad alleanze militari qualora ce ne fosse bisogno. Con Ahrar al Sham l’intesa è sempre stata perfetta. Anche quando negli anni questa rinunciò al carattere di formazione islamista aprendo a varie scuole giuridiche e strizzando l’occhio addirittura al sufismo, per poi farsi abbracciare dal fuoco sacro del secolarismo e della democrazia pur di non perdere i suoi finanziatori.
L'appello di al Qaeda nel bel mezzo della faida tra Hayaat Tahrir e Ahrar, gruppi sui quali non ha alcuna presa nè legittimità giuridica, è indicativo del fatto che attualmente in Siria la formazione di al Zawahiri è ben lontana dall'essere stabile e con una propria identità.
Dopo il distacco da Isis iniziarono però le lotte tra le varie anime di Nusra. Al Joulani capì che l’opera di mediazione alla quale ogni volta era costretto, togliendo potere a questo o a quel comandante a seconda della necessità, non bastava più. Prese la decisione ispirato anche da vari suggerimenti. Certo, incrementare il livello di collaborazione con il Qatar poteva tornare utile. E sicuramente aveva ragione Abu Yahya al Libi, che un paio di volte mandò a dirglielo da Abu Mariya al Qahtani, sul fatto che senza il marchio di al Qaeda la vita sarebbe stata molto più semplice. Ma non fu l’incubo dei droni e dei bombardamenti a spingerlo a prendere una decisione.
Da una vita Abu Mohammed al Julani si batte per la liberazione delle terre d’Islam ingiustamente occupate e contro l’oppressione dei despoti. Sapeva benissimo che, se voleva essere “de-terrorizzato” dagli americani, una separazione anche sostanziale da al Qaeda non era sufficiente. Doveva fare come tutti gli altri. Sedersi ad un tavolo e negoziare. Cioè rinunciare ad una Siria musulmana governata dalla Sharia e mettersi a disposizione combattendo come, dove e con chi, gli americani gli avrebbero detto. Questa però non era la sua storia e neppure quello che la gente gli chiedeva. Al Julani aveva bisogno di un esercito forte, compatto e fedele in grado di tenere testa ad Assad e ai suoi mercenari. Il distacco da al Qaeda gli avrebbe consentito di realizzare il sogno. Al Qaeda era un fattore divisivo per la sua formazione ma soprattutto per le popolazioni dei territori governati da Nusra. Fu così che con uno stratagemma, senza che al Zawahiri potesse avere il tempo di rendersi conto del reale impatto della mossa, prese la decisione, assieme al consiglio della Sharia, di lasciare l'ovile. E lo comunicò al mondo mostrando anche di sua volontà il volto alle telecamere. La cosa non funzionò, perché unendosi ad un gruppo che continuava comunque ad essere caratterizzato come terrorista, Ahrar al Sham e gli altri sarebbero stati anch’essi introdotti nelle liste di proscrizione americane perdendo così sponsor e finanziamenti. Le cronache non ufficiali dell’epoca raccontano di lunghe riunioni in Turchia fatte di liti e minacce da parte di turchi, americani ed arabi. Inoltre poche formazioni, a parte le classiche islamiste, amano perdere quel livello d’indipendenza che gli permette di seguire più padroni.
Il cambio di nome e la separazione da al Qaeda portarono molti alleati, ma non quelli che servivano. Aumentarono le divisioni. Lo stesso al Zawahiri mise in moto i suoi emissari. Al Julani venne dato per morto diverse volte. Nel caos ci fu anche la disfatta di Aleppo.
La fusione con una buona parte di Ahrar, materializzatasi in Hayaat Tahrir, ha ulteriormente aiutato il distacco da al Qaeda. Ma ha alienato al Julani da buona parte di ex-Nusra che non gli perdonano la mossa. E ha incrementato il problema del sistema shariatico.
Attualmente la commissione shariatica centrale fatica ancora a fare implementare la propria linea giuridica presso i tribunali sparsi sui territori controllati da Hayaat Tahrir, i quali adottano interpretazioni molto diverse tra loro. Ciò accentua anche il malcontento tra la popolazione.

Oggi, ad un anno esatto dall'annuncio della creazione di Jabhat Fateh Sham, se si chiedesse a Sheikh al Julani se rifarebbe il passo, sicuramente non mostrerebbe pentimento.
Considerando fattori contingenti come le ingerenze turche e russe, la crisi del Golfo e l'atteggiamento ambiguo di Nazioni Unite e Stati Uniti che sembrano ormai accontentarsi di Assad in sella in una nazione in guerra perenne (un affare per tutti), al Julani è riuscito a consolidare il proprio potere al Nord, anche grazie allo scambio delle quattro città e alle trattative di Arsal, costruendo un esercito di grande valore e reimpostando il rapporto con la popolazione. Il tutto tenendo fede ai propri principi. Per quelli che non si sono uniti a lui, rimane il contentino di riuscire a vivere alla giornata.
Il pericolo costante per Hayaat Tahrir è un imbarbarimento dei costumi che lo sta avvicinando sempre più a Daesh e ai Talebani a dispetto della collaborazione continua con i consigli comunali cittadini delle aree soggette alla sua legislazione.
Al Qaeda è ancora lì con il proprio marchio che tenta di rimettersi in piedi in altra forma. Per il momento comunque si sentono solo proclami. In attesa di vedere se russi, americani e turchi si decideranno a sferrare un attacco massiccio su Idlib che lascerà parecchi morti sul terreno, la prospettiva attuale per la Siria rimane quella di diventare un altro Afghanistan.

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