sabato 25 febbraio 2017

La pista turca che passa per la Svizzera

È noto che una buona parte dei musulmani svizzeri è di origine bosniaca e turca (e quindi si tratta, per fare solo alcuni esempi eclatanti, di persone che assomigliano ai Seferovic e Bajramovic della nazionale di calcio svizzera campione del mondo Under 17 o a Umit Yüce, giovane campione ticinese di tennistavolo). Dimostrare che i bosniaci e i turchi di origine non siano inseriti nel tessuto sociale svizzero sarebbe arduo; essi non sono neppure particolarmente ferventi per quel che riguarda i precetti dell’Islam che sembrano farci paura. Chissà che immagine paurosa si avrebbe della Svizzera nel lontano Bhutan se la sua popolazione venisse presentata come ardentemente aderente (nella sua maggioranza) ai precetti di un protestantesimo intollerante e altrettanto ardentemente difensora di un cattolicesimo militante per quel che concerne una forte minoranza. Sergio Roic Dicembre 2015

Oggi purtroppo sappiamo che il profilo di Umit Yuce corrisponde effettivamente al prototipo del potenziale terrorista. Da perfettamente integrato e musulmano poco praticante a devoto della causa islamista anti-Assad in chiave Daesh.
Di lui eravamo venuti a conoscenza nella primavera dello scorso anno all'indomani della chiusura delle indagini che avevano portato all'arresto di parte del nucleo familiare di Oussama Khachia.
Si tratta del turco dal volto illuminato che secondo le intercettazioni si era adoperato per favorire l'ingresso in Siria del giovane marocchino. Presumibilmente il passaggio era avvenuto attraverso il transito in una base turca.

Si è tornato a parlare in questi giorni del turco-svizzero, a seguito dello stralcio di una inchiesta su una agenzia di sicurezza privata che aveva ottenuto in subappalto l'incarico di occuparsi di un centro profughi. La polizia avrebbe accertato una serie di infrazioni commesse a danno dei migranti (sequestro di persona e atti di violenza, usura) da parte del titolare che tra l'altro è di origine brindisine. Umit Yuce, tenuto sotto controllo dalle autorità italiane sin da quando il suo nome era emerso nel corso dell'indagine portata a termine da Ros e polizia, lavorava per l'agenzia Argo.
Assieme a lui è stato individuato un turco sottoposto a sorveglianza ma non agli arresti. L'ipotesi inquietante è che i due avessero creato una rete di reclutamento attingendo alla compagine di migranti a disposizione.
Al di là della strumentalizzazione nella quale è impegnata la classe politica svizzera, e che vede sotto accusa il governo per aver assegnato incarichi in modo diretto con molta leggerezza, ci potrebbero essere a breve notizie di ripercussioni anche in Italia. Se verrà accertata l'esistenza di una cellula vera e propria, potrebbero esservi legami con interlocutori italiani. Oussama aveva molti amici e simpatizzanti della causa siriana sponsorizzata da Daesh. Non stupirebbe la scoperta di movimenti di foreign fighters italiani verso la Siria, inviati da Umit Yuce che pare avere una base attiva in Turchia.

Questa volta però potrebbe esserci un allarme rosso ulteriore rispetto a quello dato l'anno scorso in conferenza stampa da Lamberto Giannini. Il panorama italiano, al pari di quello internazionale, si è evoluto e gli umori peggiorano. Sui social non si discute solo della jihad per liberare i siriani dall'oppressore , ma anche della legittimità degli attacchi su suolo occidentale in risposta ai bombardamenti russi e americani. Ci potrebbe essere una svolta netta a livello operativo, determinata dall'esacerbamento della retorica fondamentalista italiana. Il famoso prezzo da pagare, di cui parla da tempo il prefetto Gabrielli.

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