giovedì 18 agosto 2016

Un altro Paperino vuole dialogare con Daesh

“Ultimately all solutions to these crises do come about through dialogue. 
 “So eventually if we are to try and solve this, all of the actors do need to be involved. At the moment, ISIL are clearly not interested in negotiating.”
“At some point, for us to resolve this, we will need to get people round the table.”

L'idea del tavolo di negoziazioni con fazioni estremiste può essere una risorsa nella fase finale di uno scontro. O almeno nella speranza che si sia in dirittura d'arrivo, così come è accaduto per l'Ira e si sta tentando di fare con i talebani. Frange cioè che, oltre ad essere ben radicate nelle realtà sociali di riferimento, sono in fondo interlocutori quasi ufficiali da diverso tempo per i governi e i servizi segreti dei territori nei quali agiscono.
Si tratta di una soluzione da studiare bene in tutte le sue sfaccettature e valutando i rischi.
L'obiettivo finale non è quello della semplice legittimazione in vista di una tregua, ma di una vera e propria responsabilizzazione in modo da portarli a governare o almeno da bloccare il ruolo di catalizzatore del dissenso della popolazione che li sostiene.
Discorso questo, che con Daesh non può essere nemmeno accennato.
Si tratta di una formazione che esiste ufficialmente dal 2014 e ancora litiga per le radici zarqawiane con al Qaeda e Jabhat Fateh al Sham. E' ben radicata in Iraq, ma vista come il fumo negli occhi in Siria.
La sua strategia globale è quella della guerriglia. Non la si può inserire ad un tavolo di negoziazioni del medio-oriente.
Questo tipo di retorica, alla quale abbiamo assistito anche qui in Italia, è propria di partiti che hanno poca o cattiva esperienza di governo e di politici come Smith, essenzialmente impegnati ad insediarne la leadership, oppure a procurarsi un maggior ventaglio di consensi.

Nessun commento:

Posta un commento