mercoledì 17 febbraio 2016

Il dovere morale di un direttore

Gli interrogativi in ballo sono numerosi:  sapeva l’Aise, e quanto sapeva, dei rapporti di Regeni con il Regno Unito? Aveva il nostro servizio estero stimato il livello di rischio a cui Regeni si stava avvicinando, vista la delicatezza del suo lavoro di ricercatore che, peraltro, non poteva non conoscere? Se è vero, com’è stato detto, che Manenti era al seguito della missione al Cairo del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi - poi tornata subito in Italia proprio per la notizia della morte di Regeni - il direttore dell’Aise ha avuto subito, in quelle ore, un adeguato rendiconto dal capo dei servizi egiziani? Interrogativi diplomatici, ma anche di intelligence e insomma di governo.marco ludovico

Mi si perdoni il cinismo però è finito il tempo di piangere.
Bisogna tirare le somme per correggere gli errori più che per risolvere il caso specifico.

Anche ieri la signora Villecco, la stessa che da Facebook mesi addietro ci segnalava che la nostra intelligence ha compiuto il suo dovere nella vicenda Lo Porto, pontificava in tivvù sulle mezze verità egiziane di cui l'Italia non si accontenterà.
Ma oltre al fatto di essere transitata ai servizi (in un ruolo amministrativo immagino) e di essere la moglie di Nicola Calipari, c'è un motivo per il quale occupa quel posto al Copasir ?

Che Regeni fosse, anche suo malgrado una spia, poco importa . E di certo la famiglia non può saperlo. Forse si è spinto oltre senza accorgersene. Ci vuole tempo prima di capire i meccanismi di un Paese anche se ci si vive e lo si è studiato nei dettagli. Se l'è andata a cercare come si disse all'epoca di Baldoni.
Se uno studente americano viene in Italia a fare una ricerca sui movimenti eversivi europei e stringe contatti con anarchici e notav, la Digos lo tiene d'occhio. Magari non lo mena perchè da noi forse non usa così o è un cittadino con un passaporto di eccellenza, però non lo molla.
Paese che vai, polizia che trovi.
Il mondo accademico inglese, insorto in questi giorni con appelli al governo per la salvaguardia della categoria all'estero, mente sapendo di mentire. Loro svolgono anche quel tipo di attività.
Si intromettono in questioni nazionali che non li riguardano.

Che il generale Manenti fosse in Egitto in quei giorni importa ancora meno.
Quello che conta è se alla nostra ambasciata e al funzionario locale dell'Aise Regeni fosse noto e non solo di nome. Anche se non avesse fatto nulla di preoccupante, era chiaramente un soggetto a rischio. Il fatto che non l'abbiano individuato è sintomo di un malessere più grave. Sembrerebbero non avere il polso della situazione in Egitto.
A fine giornata c'è un briefing tra l'Ambasciatore o un suo deputato e l'addetto alla sicurezza.
Che si dicono al Cairo i nostri ? E' inutile fare polemiche per lo spostamento di venti persone se poi ci scappa il morto in maniera così stupida. Anche se Regeni fosse stato ammazzato da un'amante come ha detto quel simpaticone di Luttwak, i nostri investigatori dovrebbero essere nelle condizioni ottimali per condurre una indagine indipendente con i dati forniti dal funzionario dei servizi.

Anche se di queste al Copasir poco o nulla comprendono, il dovere morale del generale Manenti è di sedersi e di spiegarle. E di pretendere anche che parte di quanto dichiarato da lui venga reso pubblico. Lo deve ai suoi uomini, all'Italia e a tutti quelli morti in circostanze poco chiare all'estero.
Cominciano a diventare un pò troppi.
Ad andare in giro per il mondo a pagare riscatti e ad intercedere per qualche scambio siamo bravi tutti. Comportarsi da generali è prerogativa di pochi. Sicuramente il direttore è tra questi ma deve dimostrarlo al Paese. Non solo alle cene di lavoro.

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