"La nostra famiglia non segue quella strada - spiega - siamo musulmani ma rispettiamo le regole e le religioni. Mia figlia - racconta - negli ultimi mesi prima di partire, si chiudeva sempre in camera, voleva sempre stare da sola, diceva di dover studiare, ma era sempre al telefono con l'iPhone. L'hanno plagiata, questi terroristi si prendono i giovani, è questo il problema".“
Padovaoggi
Da quanto appurato dagli investigatori Anas è molto probabilmente morto durante i combattimenti. Ma a farlo arrivare in Siria, sempre secondo le indagini della Digos di Brescia con il coordinamento del pm Leonardo Lesti, esperto di terrorismo, ad aiutare Anas ad arruolarsi nell’esercito dell’Isis erano stati proprio Elvis e lo zio Alban. Anche in questo caso i collegamenti tra i protagonisti si erano sviluppati in rete: Anas aveva avuto contatti con zio e nipote e poi si era recato fisicamente in Albania.corriere
Mi pare strano che però non si parli della sua morte in rete almeno sulle piattaforme pubbliche.
E' vero che Anas non riscuote molte simpatie soprattutto all'interno della comunità virtuale marocchina per quel suo essere "incazzato" come lo ha ben tratteggiato una insegnante, però alla fine è pur sempre un musulmano per il cui perdono è obbligatorio pregare sia in vita che dopo morto. E poi di solito dalla Siria qualcuno dà l'annuncio su Twitter.
Pare di capire che soprattutto i vertici romani dell'antiterrorismo da lungo tempo vogliano propendere per la versione della morte. Forse non riescono ad intercettarne più le comunicazioni che sarebbero comunque importanti per tenere sotto controllo la situazione in Europa.
Il profilo di Meriem per quanto ci è stato raccontato è a metà tra quello del bambino plagiato dal pedofilo e l'adolescente autolesionista o anoressico.
Meriem non aveva una grande rabbia in corpo come Anas nè particolari problemi nel rapporto con la famiglia ma soffriva per un problema forse di nostalgia per la terra natia o anche si sentiva poco considerata e "utile" come ha detto di sentirsi all'amica adesso che lavora per Daesh. Questi sono tratti caratteristici dei ragazzi che si tagliano. Sentono un profondo disagio ma non ne incolpano i genitori. Semplicemente pensano che non possano capirli quindi continuano a vivere la propria vita in modo apparentemente tranquillo preoccupandosi di mascherare al meglio i tagli che si fanno alle braccia. Il pedofilo crea lentamente un vuoto tra il bambino e la propria famiglia stando bene attento a non dargli dei connotati intrisi di risentimento altrimenti la rabbia nascosta potrebbe venire fuori. Anzi gli insegna come non fare intuire ai genitori che c'è questo strano rapporto tra i due.
Così hanno probabilmente agito l'algerino e il pachistano che i Ros starebbero cercando in questi giorni.
L'isolamento di Meriem è uno schema ben collaudato nel mondo dei ragazzi e nel caso del jihadismo moderno lo ritroviamo anche nel mondo degli adulti. I potenziali foreign fighters hanno un comportamento molto simile al serial killer. Insospettabili agli occhi di vicini e familiari stupiti all'indomani di un blitz di polizia.
Se si introducesse questo aspetto negli incontri tra insegnanti, famiglie e polizia quando si fanno le campagne di sensibilizzazione sulle insidie della rete, senza fare discorsi a parte che potrebbero far sembrare i musulmani degli extraterrestri o ragazzi speciali rispetto agli altri e quindi incrementare la diffidenza nei loro confronti, si otterrebbe il doppio risultato di metterli in guardia ma soprattutto di rilevare e segnalare comportamenti strani tra i coetanei.
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