martedì 29 settembre 2015

Spavento mirato

È la rivendicazione che spaventa. Perché mai fino ad ora un italiano era diventato obiettivo dei terroristi dell’Isis.

L’analisi delle prime ore effettuata dall’intelligence è improntata alla cautela, senza però nascondere come la scelta dei terroristi di attribuirsi l’assassinio rappresenti comunque un segnale inquietante. Anche tenendo conto che solo qualche giorno fa le autorità locali avevano lanciato l’allarme per gli occidentali.
Fiorenza Sarzanini corriere

Quello che non convince della rivendicazione (e il sito internet sul quale è stata fatta non è nuovo a bufale di questo tenore) è la narrazione legata all’uccisione del cristiano in quanto crociato.
Si tratta della retorica tipica degli appelli di al Baghdadi e al Adnani che essendo diretti ad una audience su scala mondiale devono per forza di cose essere impiantate su richiami di carattere generale.
Per come abbiamo imparato a conoscere Daesh negli ultimi due anni questa organizzazione si infiltra tra le realtà locali facendo proprie le loro battaglie. “In franchising” come di solito sintetizza in maniera efficace l’Ambasciatore Massolo.
La realtà islamista del Bangladesh è caratterizzata da forti tendenze di stampo indipendentista e nazionalista e da sortite ad ampio raggio in India e Pakistan.
Ma soprattutto è legata alle dinamiche politiche interne. Le frange estremiste storiche sono nate come gruppi di supporto ai partiti di governo ed opposizione e si sono poi sviluppate tra associazioni studentesche e organizzazioni di beneficenza che costituiscono la cassaforte del fondamentalismo.
Il che porta a pensare, al netto delle informazioni giunte sinora dal Bangladesh circa la dinamica degli eventi e l’impegno del cooperante nel Paese, che il motivo dell’omicidio sia piuttosto legato a qualche diatriba con organizzazioni locali.
Non si è trattato di un atto particolarmente spettacolare nè influirà sul dibattito politico che è poi la caratteristica delle azioni terroristiche in Bangladesh.
Da tempo ci si chiedeva quando Daesh avrebbe fatto capolino da quelle parti poiché, nonostante non vi siano stati attentati degni di rilievo negli ultimi anni e Sheikh Hasina abbia fatto della prevenzione e della repressione il fiore all’occhiello del suo mandato, il Bangladesh costituisce terreno favorevole per l’evoluzione dell’estremismo di matrice fondamentalista.
Gli unici campanelli d’allarme giunti negli ultimi mesi sono stati la martellante campagna contro i blogger che propagandano l’ateismo (argomento questo che ben si lega al dibattito politico ) e l’arresto di alcuni reclutatori di Daesh (tra questi un giovane britannico).
Al momento quindi è difficile pensare che ci sia stata una svolta eclatante nello sviluppo delle dinamiche legate al fenomeno terroristico. Di certo però la galassia Myanmar-India-Pakistan-Bangladesh è da tenere sotto controllo perché potrebbe dare luogo ad un focolaio di entità simile a quello afghano.

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