Dopo il fallito attentato sul treno in Francia sono stati sollevati per l’ennesima volta da più parti dubbi circa l’operato delle agenzie di intelligence e dei comparti anti-terrorismo.
Il fatto che il protagonista del tentativo di attacco sia stato di nuovo un soggetto conosciuto alle forze di polizia e ai servizi di diversi Paesi tra l'altro, ha scatenato le ire dei commentatori che si sono chiesti come mai non si sia riusciti ad individuarne le potenzialità e a prevenirne l’azione.
Per comprendere la reale valenza della figura del lupo solitario dobbiamo fare riferimento ad un esempio classico riconducibile al suo profilo.
Pensiamo ad uno studente di liceo oppure di università che per mesi o forse anni ha maturato la convinzione di essere inviso ai compagni e sottovalutato dagli insegnanti.
Questo disagio è ben rappresentato da comportamenti anti-sociali che un po’ tutti sono riusciti a notare. Dai bidelli ai professori sino agli amici e anche ai genitori.
Un bel giorno il ragazzo va nel garage del padre e prende una tanica di benzina. La porta a scuola e dà fuoco all’edificio.
Potremmo in questo caso puntare il dito contro qualcuno dei protagonisti di questa storia e ritenerlo colpevole di non aver previsto che quel ragazzo in mezzo ai tanti della scuola con problemi, in quei giorni avrebbe potuto darle fuoco ?
Al massimo si sarebbe potuto ipotizzare lo scenario complessivo ovvero che un ragazzino introverso e rancoroso con difficoltà a socializzare avrebbe potuto dare fuoco alla scuola o anche farla esplodere usando i mezzi a disposizione del laboratorio di chimica.
Questo è un primo punto sul quale bisogna riflettere. Non è tanto importante individuare con precisione chi e quando può attentare alla vita delle persone in un luogo specifico ma in che modo.
Quindi le condizioni in cui può verificarsi un certo tipo di tragedia.
Non è possibile tracciare un profilo del lupo solitario ma ci sono delle caratteristiche riconducibili a soggetti di quel tipo e criticità legate ai luoghi che costituiscono un suo potenziale obiettivo e che il soggetto è in grado di sfruttare agevolmente.
L’unica strategia possibile da mettere in atto a livello di prevenzione è il monitoraggio degli obiettivi e anche dei soggetti.
A questo riguardo però sorgono difficoltà oggettive che è possibile intuire dalle procedure investigative adottate dall’MI5 come approccio generale per la valutazione del rischio terrorismo.
Si tratta di schemi con tutta probabilità usati anche dai nostri servizi e dall’antiterrorismo italiano.
Quando parliamo di lupi solitari nell'era di internet l'aggettivo solitario è abbastanza relativo.
Dovremmo più correttamente riferirci ad individui ben inseriti nel tessuto sociale in cui vivono e che si muovono con grande maestria nell'ambiente virtuale.
In entrambi i casi, come notava tempo addietro il direttore del nostro antiterrorismo, si tratta di ambiti molto ristretti quindi difficilmente individuabili e penetrabili.
In questo senso sono da considerare lupi solitari anche quando si muovono a coppie o in gruppi di tre elementi. L'aspetto che li caratterizza è il loro essere "secretive" (molto riservati) e quindi il fatto che ci siano pochi elementi a disposizione per seguirli anche una volta individuati. Il lupo solitario non comunica, almeno non in maniera chiara per tutto ciò che riguarda i suoi propositi.
Ciononostante è molto attivo soprattutto nei forum e nelle chat virtuali.
Ma come distinguerlo in quanto potenziale pericolo rispetto a tanti altri che interagiscono con lui ?
Questo fu uno dei punti più importanti sollevati da parte degli agenti dell'MI5 chiamati a rispondere di fronte alla commissione di inchiesta sulla vicenda Lee Rigby.
Fu una difesa che convinse poco i membri parlamentari e a torto.
A bocce ferme e dopo aver assistito attraverso Twitter e la televisione ad un assedio durato ore o averne letto sui giornali per settimane intere, è facile dire come dagli scambi in chat fosse chiara l'intenzione di passare all'azione.
Chi investiga giorno e notte su fatti di terrorismo si ritrova sul tavolo le trascrizioni di decine di conversazioni simili tra utenti di forum e social. E' difficile stabilire a quale di queste dare la priorità.
E ciò è di fondamentale importanza perchè senza elementi concreti è praticamente impossibile arrivare alla formulazione di un risk assessment il più possibile vicino alla realtà.
Priorità e scala di rischio sono tanto fondamentali quanto labili.
Può accadere che un gruppo investigativo acquisisca la segnalazione di un sospetto a seguito di una indagine sulla quale è impegnato un altro comparto che ha assegnato al soggetto alcune connotazioni in base a parametri funzionali alla loro indagine.
Nel momento in cui i dati vengono incrociati e il profilo attenzionato passa ad un'altra squadra investigativa può verificarsi il cortocircuito che genera un errore di valutazione grave.
Nel tempo cambiano sia le priorità che le variabili di rischio.
Inoltre il potenziale terrorista potrebbe andare all'estero ad addestrarsi o dedicarsi ad altre attività di natura criminale.
Quindi intervengono altri attori sia a livello investigativo che in ambito associativo criminale. Subentrano altri dipartimenti di polizia o il comparto estero dell'intelligence e i suo referenti nel Paese di addestramento e nei Paesi in cui il soggetto ha contatti.
Sono tutti passaggi che una intensa e qualificata attività di coordinamento dovrebbe essere in grado di mantenere sotto controllo.
Però si aggiungono numerose variabili : i tempi si allungano, indagini e verifiche si incrociano, le leggi cambiano e con esse i rappresentanti politici e gli inquirenti. E bisogna confrontarsi anche con la riduzione di budget e uomini.
Se estendiamo questo ragionamento alle centinaia di individui che i servizi segreti e i comparti anti-terrorismo di ciascun Paese dovrebbero monitorare in maniera costante rielaborando di volta in volta le loro valutazioni, allora risultano comprensibili le difficoltà che incontrano nel prevenire attacchi anche quando questi sono perpetrati da soggetti che essi conoscono perfettamente.
E' profondamente scorretto parlare ogni volta di fallimento.
Bisognerebbe piuttosto concentrarsi sul ruolo che ciascuno di noi può avere nell'aiutarli quando necessario e sulle norme e i mezzi che il governo deve fornire man mano che il tempo passa e le esigenze cambiano.
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