martedì 28 luglio 2015

Abbinamenti

"Innanzitutto con le nuove leggi ci sono sicuramente degli strumenti importanti ma noi abbiniamo le attivita' e le indagini di carattere giudiziario anche alle attivita' di natura preventiva con espulsioni mirate di soggetti che non hanno ancora posto in essere delitti nel territorio dello stato pero' danno preoccupanti segnali di vicinanza a formazioni di ideologie radicali". Lamberto Giannini Ansa 24 Aprile 2015

«È una brava ragazza, forse sta solo cercando una sua identità. La conoscevo bene. L’avevo vista l’ultima volta un anno fa in occasione del Ramadan e non ha fatto altro che parlarmi della Siria e del fatto che sarebbe stato giusto andare lì a combattere». È una coetanea che parla. Una ragazza di 19 anni residente nel Piovese. Lei conosceva bene Meriem perché sono state a scuola insieme. il mattino di Padova 23 luglio 2015

Un paio di settimane fa un giovane simpatizzante di Daesh è stato arrestato nel Massachusetts  con l'accusa di possesso di armi per finalità di terrorismo .
Nel momento in cui stava presumibilmente per passare all'azione e quindi l'Fbi ha deciso di intervenire e di fermarlo, aveva appena acquistato una pentola a pressione per farla esplodere contro qualcuno degli obiettivi che andava studiando da tempo.
Il ragazzo ha forti problemi mentali e da tempo aveva lasciato la casa paterna. La pentola a pressione era diventata quasi un'ossessione nutrita dal mito di Dzhokhar Tsarnaev.
Un destino quasi beffardo ha voluto che Alex fosse il figlio di un capitano di polizia di Boston.
Uno dei primi ad accorrere sulla scena al momento in cui fu lanciato l'allarme.

Secondo la documentazione depositata dal procuratore Carlin il monitoraggio e l'operazione esca successiva alla constatazione che si era in presenza di un individuo pericoloso sono scattati dopo la segnalazione di un amico preoccupato dai continui proclami di Alex a favore di Daesh sia via internet che nel corso dei loro incontri periodici.
In questo tipo di scenario anche il sospetto e non solo la segnalazione, costituiscono un campanello d'allarme importante che non deve essere sopravvalutato ma almeno sottoposto all'attenzione dell'autorità competente.

Campanello d'allarme che, a giudicare dai racconti di famigliari ed amici della giovane Meriem Rehaily, deve essere mancato.
Eppure in tanti sembravano aver compreso che lo stato d'animo e le intenzioni della ragazza non facevano presagire nulla di buono.
Alla base di quella che è ora una disperata corsa contro il tempo da parte dei carabinieri dei Ros e dell'antiterrorismo c'è stato probabilmente un cortocircuito informativo negli ambienti vicini a Meriem.

Le espulsioni preventive, misura necessaria a tamponare un'emergenza grave, costituiscono uno dei motivi principali per scoraggiare chiunque dal segnalare o denunciare.
Vengono forniti pochi dettagli e non viene spiegato il perchè di un provvedimento che viene attuato solo in questi periodi di massima allerta e contro gli stranieri.
Allo stesso modo in cui sono state fatte campagne di sensibilizzazione mirate nell'ambito dell'antimafia per alleggerire il carico di lavoro degli investigatori e per favorire la crescita di una società sana, vi è necessità di agire in questa direzione per contrastare l'ondata terroristica attuale che adesso come non mai colpisce il cuore della comunità ovvero la famiglia.
Il Paese che si appresta ad ospitare un'ulteriore tappa del summit sul contrasto all'estremismo di matrice jihadista non può concentrare l'attenzione esclusivamente su misure repressive atte a contenere l'emergenza del momento ma deve preparare una strategia globale e a lungo termine.

All'indomani dell'accordo con l'Iran rifioriscono alleanze tanto pericolose quanto storiche.
I fratelli musulmani e Hamas sono al centro delle lusinghe delle dinastie arabe che nonostante le rassicurazioni americane vedono largamente minata la piattaforma di potere sunnita.
Gli scenari di guerra e i Paesi che notoriamente soffrono l'influenza wahabita di stampo religioso e finanziario saranno ulteriormente caricati di tensioni.
Per l'evento si è addirittura scomodato Bandar bin Sultan, ormai ufficialmente fuori dai giochi ma sempre pericoloso, con un articolo in cui denunciava le insidie dell'accordo.

Espellere dal nostro territorio stranieri che svolgono attività strettamente legate al terrorismo, come giustamente ricordano spesso nei loro interventi pubblici Giannini e Stavola, equivale ad alleggerire l'Italia da un potenziale pericolo.
Si tratta però di un beneficio temporaneo perchè allo stesso tempo altre aree vengono caricate di un peso difficilmente sopportabile che poi si riverserà sull'Italia .
Quante volte nell'ultimo anno il direttore dell'anti-terrorismo si è recato personalmente nei balcani ? E quanti rischi ancora provengono dal nord-Africa nonostante gli investimenti fatti nelle loro economie, l'inasprimento delle pene e altre misure repressive ?
All'indomani delle primavere arabe e nonostante tutti i finanziamenti e il supporto logistico dato sia dall'Italia che dall'unione alle forze di sicurezza dell'est Europa, queste due aree costituiscono ancora un bacino di instabilità e una fonte continua di terrorismo che le espulsioni mirate contribuiscono ad ingrossare.
Per non parlare dello scenario siro-iracheno.

Le strategie base di contrasto al terrorismo sono ovviamente sempre le stesse ma se non vengono affinate e legate a politiche sociali adeguate al caso, rischiano di generare alla fine un nulla di fatto.
Il dottor Giannini oltre ad essere un ottimo investigatore anche in campo internazionale sin da quando si occupava di terrorismo interno, è un abile comunicatore e possiede l'autorevolezza necessaria per rendersi interlocutore del governo per tutto quello che riguarda la galassia dell'antiterrorismo.
Tornerebbe utile al Paese sfruttare queste sue abilità anche se l'atmosfera politica non è delle migliori.

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