Quella storia del piccolo Al Thani che ogni tanto tweettava sulla campagna acquisti del Psg. iniziava a preoccupare. La reazione da parte del pargolo di casa Juve avrebbe potuto innescare una serie di rivolte popolari. Le piazze erano già piene di no-vax e no-greenpass. Un movimento no-Qatar avrebbe affossato l’economia. Cuochi, medici, musicisti, architetti dipendevano dalla generosità del casato reale.
Così il direttore lo aveva mandato a Doha per cercare di capire che aria tirava. Aveva approfittato di una breve pausa per fare acquisti a souqh Waqif. Dei pappagallini indiani. Stava pensando di piazzarli su porte e finestre di casa sua con dei sensori o anche dei micro congegni esplosivi applicati alle piume delle ali. Non voleva arrivare a tanto, ma doveva guardarsi le spalle dai colleghi. Non erano crudeli quanto lui. Però altrettanto determinati. Bisognava salvare la cassaforte-matrioska.
A pochi minuti dall’atterraggio aprì il telefono. In quei giorni non si sentiva sicuro. Non solo i colleghi dell’altra agenzia. Anche l’ufficio del coordinamento teneva un occhio sui progetti per la piscina.
Gli era morto un piranha. Secondo il veterinario le prospettive di vita in cattività potevano andare anche oltre i vent’anni. Non era una regola comunque. Lui aveva preferito affidarsi all’autopsia dello zoo di Roma. Il suo Samsung era collegato alle telecamere puntate sull’acquario. Al gatto era stata iniettata una soluzione fluorescente. Sembrava tutto tranquillo. I telecomandi erano salvi.
L'agente di blu vestito chiuse gli occhi e sospirò. Nemmeno tre ore per riposarsi. Prima di andare in ufficio doveva ritirare il referto dell'autopsia e mettersi alla ricerca di un porcospino. Gli era venuto in mente un altro dispositivo di protezione. Per quello non c'era bisogno di andare in negozio. Se ne trovavano facilmente in giro per Roma.
Amava il suo mestiere. Era una missione. Se solo avesse potuto avere più tempo per dormire e sognare.

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