giovedì 29 marzo 2018

Le Monde sfida l'Aise a duello

Calcalist oggi presenta una interessante inchiesta sul sempre più stretto rapporto di collaborazione tra il ministero della difesa israeliano e il mondo IT rappresentato dalle aziende private.
Si tratta di un modo efficace per il governo di riappropriarsi dell'apporto di talenti preziosi andati perduti. Infatti in quelle aziende lavorano molti tecnici e funzionari provenienti dagli apparati di sicurezza che hanno lasciato il pubblico impiego scoraggiati dai tetti salariali eccessivamente bassi.
D'altra parte l'investimento nel sistema delle start up realizzato dal Mossad costituisce una importante risorsa per acquisire il brevetto e poi usarlo per sviluppare prodotti di diverso tipo e comunque di uso esclusivo.
Di queste ed altre tematiche, relative al mondo dell'intelligence, dovremmo discutere in Italia.
Di come fare un passo avanti rispetto al piano di collaborazioni tra sicurezza nazionale e università o aziende. Una strategia ormai non più all'avanguardia.

La questione dei contatti con la Siria attivati dall'Italia e forse da almeno una parte dei Paesi dell'Unione, visto che la signora Mogherini avrebbe smentito di essere a conoscenza di qualsiasi trattativa, è più complessa di come la presenta la stampa nostrana istituzionale.
Allo stesso modo la recente raffica di operazioni antiterrorismo chiuse in questi giorni in Italia non è una semplice conferma delle potenzialità di Daesh. Piuttosto il frutto di una mirata strategia politica che ha scongiurato la strumentalizzazione del fenomeno da parte della destra in fase pre-elettorale e contemporaneamente ha offerto un assist a chi formerà il governo.
Il messaggio è chiaro. Non si può prescindere dalle strategie messe in atto finora e nemmeno dagli uomini che le hanno ideate.
In quest'ottica sono da interpretare le dichiarazioni in apparenza sopra le righe del capo della polizia in Vaticano e l'intervista dai toni apocalittici del ministro Minniti a La Stampa.
Si tratta di una strategia a tutto campo che punta molto sul terrorismo di matrice sunnita e che pare sottovalutare insidie di altro tipo.

Quando l'Italia si attiva sullo scacchiere medio-orientale va a toccare interessi vari.
Mentre il Sultanato dell'Oman fa lo stesso tipo di operazione, ma in maniera più trasparente e sotto la direzione americana e quindi con dei limiti ben definiti, evidentemente l'Aise e i ministeri interessati agiscono su piani più ristretti ma potenzialmente molto pericolosi.
Il solito Al Akhbar giorni fa dava il palcoscenico al capo degli Houti intenzionato ad intervenire a difesa degli Hezbollah in caso di attacco di Israele.
Ieri in Arabia Saudita c'è stata la condanna a più di quarant'anni di carcere per un gruppo che avrebbe forti legami con Kataib Hezbollah in Iraq.
Preso atto del fatto che i sostenitori di Assad hanno comunque vinto la partita siriana, in medio-oriente si vuole evitare un'ulteriore stabilizzazione dell'asse sciita.
Il fatto che in Europa non vediamo bagni di sangue di marca Soleimani non significa che il pericolo non esiste. Eppure i governi lo sottovalutano.
I contatti del generale Manenti, e anche l'amicizia storica con la Russia di certo non messa in discussione dall'espulsione di un paio di diplomatici, sono percepiti come un pericoloso sbilanciamento che, oltre a rafforzare la minaccia sciita, fornisce una maniera ad Assad di rimettersi in gioco. Questa operazione rompe quel leggero asse di stabilità al quale ormai tutti si erano rassegnati. Ribaltare uno scenario che vede Assad vincitore ma nelle mani di Putin, rappresenta una ulteriore complicazione.
La campagna stampa è stata evidentemente organizzata da quei Paesi i cui interessi vengono maggiormente toccati. Israele e Arabia Saudita che ormai fanno fronte comune con gli Stati Uniti e la Francia per risolvere il capitolo iraniano.
Sarebbe interessante conoscere i dettagli dei colloqui del direttore ma soprattutto fino a che punto gli è stato concesso di spingersi nelle trattative.

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